A cura del Centro Studi Confindustria
Le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, sono gravemente compromesse e non sono chiari i tempi di risalita, neppure sul piano dell’offerta.
Se la fase acuta dell’emergenza sanitaria si andrà esaurendo alla metà del secondo trimestre dell’anno la caduta stimata del PIL sarà del -10% per chiudere poi al -6% a fine anno. Nel caso in cui la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, in una direzione compatibile con questo scenario, le previsioni economiche andrebbero riviste al ribasso.
Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, potrebbe costare una percentuale ulteriore di PIL dell’ordine di almeno lo 0,75%. I consumi delle famiglie, nella prima metà del 2020, risentiranno delle conseguenze dell’impossibilità di realizzare acquisti fuori casa, ad esclusione di alimentari e prodotti farmaceutici. Il totale della spesa privata risulterà decisamente inferiore rispetto a quello dell’anno scorso (-6,8%).
Gli investimenti delle imprese sono la componente del PIL più colpita nel 2020 (-10,6%) e questo a causa del calo della domanda, dell’aumento dell’incertezza, la chiusura del credito e le chiusure forzate dell’attività. Di conseguenza gli investimenti privati crolleranno nella prima metà di quest’anno. Anche l’export dell’Italia non viene risparmiato dal calo generale dell’attività economica (-5,1% nel 2020).
Ciò esercita una pressione senza precedenti sulla capacità di resilienza del nostro sistema produttivo ed in particolare sull’industria, da cui dipendono direttamente o indirettamente un terzo circa di tutti gli occupati nel nostro Paese e originano circa la metà delle spese in R&S e degli investimenti necessari ad aumentare il potenziale di crescita dell’economia.