Oggi ospitiamo Giuseppe Mazzei, giornalista, saggista, docente universitario e fondatore di MazzeiHub, società specializzata in lobbying, public affairs e political intelligence.
Le decisioni del Governo per evitare il tracollo del sistema produttivo italiano non sono ancora definite nel dettaglio. Ma si può affermare che la poderosa iniezione di liquidità necessaria non c’è stata nella misura e nelle modalità che l’emergenza richiederebbe.
È vero che, complessivamente, il Governo si è impegnato a garantire 400 miliardi di crediti da parte delle banche e ad attivare flussi finanziari per altri 350 miliardi. Si tratta di 750 miliardi, uno stock pari al 41% del PIL. Non è poco. Ma non si tratta di liquidità ad effetto immediato. L’unica vera iniezione di liquidità diretta sono i 25 miliardi di spesa varati con il Cura Italia e gli altri 30 miliardi che a breve saranno stanziati.
Quindi, in sostanza, di denaro fresco immesso nel circuito ci saranno circa 55 miliardi. Per gli altri 750 bisognerà aspettare che si attivino le procedure, semplificate solo nel caso dei finanziamenti a zero interessi fino a 25mila euro.
È molto singolare che il Governo, dovendo deliberare per decreto su una manovra ingente non abbia fatto sedere intorno al tavolo di chi scrive queste norme anche i soggetti direttamente coinvolti, aziende e banche, che avrebbero potuto indicare procedure semplificate e modalità efficaci per evitare di ritrovarsi con il solito testo legislativo da interpretare e infarcito di pratiche burocratiche da rispettare che rallenteranno, e non di poco, l’accesso straordinario al credito da parte delle aziende.
Ma è proprio di denaro che arrivi subito che, soprattutto le piccole e medie aziende hanno bisogno.
Senza la possibilità di finanziarsi attraverso crediti garantiti dallo Stato ed erogati in pochi giorni dalle banche molte di queste aziende saranno costrette a chiudere e a non poter più riaprire.
E questo sarà un danno incalcolabile non solo dal punto di vista economico ma anche sociale.
Stavolta sarà ingiusto e servirà a poco dare la colpa alle banche.
Il Governo si è impelagato in un conflitto interno sulla gestione di questi crediti attraverso la SACE, società del gruppo CDP ma che dovrà -di fatto- rispondere non al suo azionista ma all’autorità politica del Tesoro. Questa decisione, al di là del braccio di ferro tra M5Stelle e Pd, ha comunque una importanza strategica.
Il Governo, infatti, deve assumersi la responsabilità politica non di fare favori a questo o quest’altro soggetto economico, ma di orientare attraverso la gestione dei crediti garantiti un’accorta politica industriale.
E qui si tocca un tasto dolente. L’Italia non ha mai avuto una politica industriale con priorità, strategie e un occhio vigile del Governo per consentire al sistema Paese di muoversi con coerenza, rafforzandosi nel suo complesso.
Ovviamente, questa terribile crisi fa saltare un po’ tutti gli schemi e non consente di avere la mente fredda per programmare con lucidità dove l’industria italiana debba andare.
Ma proprio l’esigenza di evitare un’ecatombe di piccole e medie imprese dovrebbe far capire al Governo che non solo deve far arrivare rapidamente crediti alle aziende ma deve anche “gestire” sia la fase del pronto intervento che quella della ripresa avendo un visione d’insieme.
Innanzitutto il Governo dovrebbe liberare da lacci e lacciuoli le aziende – non solo le piccole e medie – e consentire loro di operare con maggiore elasticità e libertà. Ma poi occorrerà guidare in qualche modo la ripresa realizzando politiche di settore che, senza configurarsi come aiuti di stato, di fatto raccordino le aziende che operano in comparti necessariamente interconnessi, creino supply-chain meglio organizzate, stimolino il reshoring di tante attività garantendo loro fiscalità di vantaggio.
Per fare questo il Governo potrebbe costituire una task force di alta consulenza che nelle prossime settimane prepari una strategia di ripresa coordinata, sia per evitare che affondino le aziende con maggiori potenzialità e rilievo strategico, sia per disegnare una ripresa non scoordinata ma finalizzata al rafforzamento complessivo del tessuto industriale italiano.